Sguardi del cinema egiziano contemporaneo
As I Want di Samaher Alqadi (Egitto-Norvegia-Francia-Palestina-Germania 2021, 88’)
Clash di Mohamed Diab (Egitto-Francia-Germania 2016, 97’)
Il Cairo. Estate 2013. Due anni dopo la rivolta popolare che segna la fine del regime di Hosni Mubarak e all’indomani della destituzione del presidente islamista
Mohamed Morsi, proseguono le manifestazioni di piazza, con scontri sempre più violenti tra manifestanti
e forze dell’ordine. Un furgone della polizia, vuoto, è fermo in una strada. Nel giro di poco tempo si riempie di persone arrestate e inizia a muoversi per portare in prigione i detenuti. Nel blindato si ritrovano a convivere uomini e donne di diversa estrazione sociale, politica, religiosa, esponenti di opposte fazioni, osservatori esterni, comuni cittadini. Lo spazio ridotto diventa un microcosmo che sintetizza la complessa situazione dell’Egitto. Nell’opposizione di tutti contro tutti, il caos regna sovrano in un crescendo di anarchia, mentre il film procede verso un epilogo inatteso.
.
Souad di Ayten Amin (Egitto-Tunisia-Germania 2021, 96’)
Una famiglia conservatrice, due sorelle, Souad e Rabab. La prima, 19 anni, religiosa, porta il velo, ma coltiva sui social un’altra identità e una vita virtuale molto diversa da quella reale. La seconda, più giovane, diventerà il personaggio principale dopo il suicidio di Souad. La tragedia la spinge a indagare sulla vita della
sorella e a incontrare quello che Souad riteneva il suo fidanzato, Ahmed, un influencer. La lunga giornata passata ad Alessandria con Ahmed servirà a Rabab per elaborare la perdita, conoscersi, comprendersi, crescere. Opera seconda che la regista, nata ad Alessandria nel 1978, ha girato tra la cittadina di provincia di Zagazig, sul Delta del Nilo, e la sua metropoli d’origine, il film è espressione di un cinema egiziano ‘periferico’, segnato dalla spontaneità di interpreti non professionisti e da personaggi realisticamente abitati da contraddizioni, descritti ricorrendo all’uso della camera a mano.
Brooks, Meadows and Lovely Faces di Yousry Nasrallah (Egitto 2016, 115′)
Guarda al cinema popolare egiziano, alle storie corali ambientate in un quartiere che diviene città-mondo, il capolavoro di Yousry Nasrallah, girato nella città rurale di Belqas, nel Nord dell’Egitto. Il film coinvolge lo spettatore fin dalla prima scena, “scaraventandolo” nella vita della comunità protagonista e in un lussuoso ricevimento per notabili e membri del governo per poi tornare agli antefatti. Attraverso un lungo flashback vengono quindi introdotti i tanti personaggi i cui destini andranno a incrociarsi con quelli del vecchio Yehia e dei suoi due figli, Refaat e Galal, proprietari di una ditta di catering a conduzione familiare specializzata in matrimoni. Intorno a loro un’abile strategia filmica (movimenti avvolgenti della macchina da presa, un uso sublime del dolly) costruisce una danza visiva in cui si intrecciano legami famigliari, conflitti generazionali, lotte di potere, amori clandestini, adulteri, tradimenti… Nasrallah realizza un’opera in grado di attraversare molti generi trascolorando dall’uno all’altro in una sovrimpressione multipla che li rende inestricabili. Commedia, musical, melodramma, realismo, osservazione sociale e politica si fondono in un film che, come il cinema egiziano dell’età d’oro, degli anni Quaranta e Cinquanta, sa coniugare le infinite trame
di un romanzo popolare con uno sguardo d’autore mai ostentato, ma anzi genialmente nascosto.